Giovanni Spampinato. “L’opposizione di Sinistra”, Anno 3, n.6, 29 maggio 1971

DOPPIONE – Chi ruba la proprietà?

(Commento alle proteste degli agrari per la riforma dell’affitto dei fondi rustici)

RAGUSA, 29 maggio 1971 – Vent’anni fa i comunisti mangiavano i bambini; adesso rubano la proprietà: Il progresso viene per tutti, e anche loro si sono dovuti dirozzare, sono dovuti diventare meno cavernicoli. Ma restano sempre cattivi e criminali: rubare alla gente il frutto di una vita di sacrifici, togliere i sudati risparmi è pur sempre una canagliata. E perché, poi?. Per sfizio, perché sono sadici, giusto per far piangere tanti poveretti, perché questa proprietà non è che se la prendano loro, che uno magari lo potrebbe capire: no, la tolgono e basta, perché sono invidiosi, perché ce l’hanno con la gente più brava di loro, con la gente che si fa da sé.

Questi cattivoni antipatici e criminali snaturati (perché ancora qualche bambino, di nascosto, lo arrostiscono, e se lo vanno a mangiare in campagna, il primo maggio, o dopo che hanno vinto le elezioni…) se la sono presa prima con la terra, e ora ce l’hanno con la casa, e pare che vogliano continuare con i negozi, con le fabbriche. Insomma, vogliono rubare tutto, fino a quando la proprietà non sarà privata, ma rubata. Una bella birbanteria!

Uno spiritosone diceva l’altra volta che nella nostra società la proprietà si chiama “privata” perché qualcuno ne è stato “privato”. Certo, dire che si “priva” qualcosa è meno impressionante che dire che si “ruba” qualcosa. Ma, come concetto, siamo lì, non è Maso ma mastro Maso. E chi ha “privato” della proprietà i comunisti?

Diceva, quello spiritosone, che una volta non c’era proprietà “privata”, ma che tutti avevano un pezzo di terra, o qualche utensile, a seconda se erano contadini o artigiani, oppure un asino, se lavoravano nel settore dei trasporti, e tutti vivevano felici e contenti, perché ognuno faceva il proprio lavoro senza dare fastidio agli altri, e anche perché non c’erano i comunisti, perché allora non ce n’era bisogno.

Ad un certo punto uno più sperto degli altri, fece questo ragionamento: “Se io ho più terra degli altri, valgo di più”. Questo non era vaero, ma quel disgraziato, appunto perché era sperto, non ci fece caso, e di prepotenza si prese la terra del suo vicino. E siccome non poteva lavorare il suo podere e quello di cui aveva “privato” il vicino, fece lavorare per sé il vicino, e gli fece anche un favore, perché se no quello dove andava a lavorare? E lui gli dava giusto quelloc he gli bastava a non farlo crepare, e lo faceva lavorare più di prima. E cosìlui e una banda di suoi compari si misero a “privare” della terra e degli altri mezzi di produzione, degli utensili, degli asini, di tutto il resto, i loro vicini, e gli lasciavano solo gli occhi per piangere e le braccia per lavorare per loro, dandogli quel tanto che li teneva in piedi e tenendo il resto per sé, e con quel resto continuavano a rendere la proprietà “privata “.

Cose d’altri tempi, che non succedono più. Ora chi vuole può farsi la sua proprietà; basta che ci sa fare. E i comunisti, cattivi e antipatici, gliela tolgono, per sfizio, perché sono invidiosi. Però la storia è in continuo progredire, e così i rapinatori di ieri a mano a mano si sono sbranati fra di loro, come pesci, sono scomparsi, sono rimasti soltanto alcuni grossi pescecani che fanno piazza pulita di tutti i pesciolini che incontrano. La Fiat ha “mangiato” la Lancia e l’Autobianchi e tante altre fabbriche piccole e medie. La standa “mangia” ogni giorno decine di piccoli negozi, con una concorrenza spietata. Il calzolaio chiude bottega, il sarto pure, perché non possono competere con la Varese o con la Lebole. E i loro figli vano a lavorare a conto d’altri, ad aumentare il profitto dei pescecani. E così il contadino, la cui terra viene “mangiata” dal vicino più grosso, se ne va all’estero o diventa bracciante. E la proprietà diventa sempre più “privata”, sempre più “rubata”.

Giovanni Spampinato